Passage to India!
Lo, soul! seest thou not God’s purpose from the first?
The earth to be spann’d, connected by network,
The races, neighbors, to marry and be given in marriage,
The oceans to be cross’d, the distant brought near,
The lands to be welded together.

Walt Whitman (1819-1892)

Sunday, 12 December 2010

La vita quotidiana

Leggendo il nostro blog degli ultimi tre mesi potrebbe sembrare che stiamo passando una bella vacanza qui in India! Pare che ci sia sempre qualche nuova festa religiosa o qualche occasione speciale da celebrare. E in effetti essere qui, dove ogni piccolo aspetto della vita è una novità, e dove siamo lontanissimi dalle solite preoccupazioni, ci permette di liberare la mente: da tre mesi non vedo una bolletta, non controllo il conto corrente, non guardo il telegiornale, non viaggio sul treno quattro ore andata e ritorno per lavorare… invece dalla mattina alla sera siamo pervasi da nuovi suoni, profumi, racconti e relazioni umane…

C’è da dire però che non è solo la novità di un paese così diverso che porta a questo sano distacco mentale, ma soprattutto il lavoro che stiamo facendo. Investire l’energia e l’impegno in un’attività la cui ricompensa è semplicemente un sorriso, uno sguardo di gratitudine, o un abbraccio da uno dei piccoli cancella le ansie legate al solito rapporto contrattuale. Inoltre c’è la profonda soddisfazione di poter far parte e di contribuire alla realizzazione di un sogno che è iniziato 20 anni fa sotto un portico nel centro di Varanasi, dove Sangeeta assieme ad un paio di amici stretti hanno iniziato ad aiutare pochi bambini diversamente abili ad uscire di casa e incominciare a vivere con più autonomia, autostima e dignità. La forza di questo sogno è molto vivo ancora oggi: dalla continua progettazione di nuovi programmi per affrontare i problemi dell’integrazione dei disabili alla pianificazione e realizzazione di questi progetti con la collaborazione democratica di tutto lo staff. Si respira proprio il piacere di lavorare in questo modo e per questi obiettivi. E così vorrei raccontarvi della vita quotidiana a Kiran.

Ora le mattine incominciano essere un po’ fredde, perciò questa settimana per la prima volta abbiamo iniziato a scaldare l’acqua della doccia. Avremmo potuto iniziare anche prima – i ragazzi si lamentavano dell’acqua fredda – ma sapendo che il piccolo bollitore della nostra guest house è un privilegio dei volontari europei, ho resistito fino ad ora. Comunque già alle dieci di mattina il sole scalda e siamo in maniche corte fino al tramonto, quando di nuovo si sta bene con una maglia leggera. Questa regola però non si applica agli Indiani che sono vestiti con maglioni, giacche, sciarpe e berretti di lana – sembrano pronti per fare una discesa ad alta quota con gli sci!

Assieme all’abbassamento della temperatura c’è stata anche una diminuzione dei canti mattutini degli uccelli. C’è una grande varietà di uccelli nella zona e nei primi mesi i canti iniziavano molto presto la mattina in un concerto free jazz di suoni esotici. Ora la notte è completamente silenziosa e alla mattina c’è solo qualche canto – sempre bello – di quelli che resistono al richiamo di migrare verso il sud. Però anche se gli uccelli non ci fossero, la musica ci sarebbe comunque: dal tempio hindu che sta a 500 metri da noi incominciano i canti amplificati ad un volume abbastanza alto per sentire bene anche a casa nostra, e a volte incominciano anche alle 4 di mattina! Dunque anch’io mi alzo piuttosto presto: devo aiutare Clementia a preparare Ravi, ma prima vado nel bellissimo Sadhnayala: un piccolo edificio interreligioso (progettato da un architetto irlandese) che viene usato tranquillamente da tutti – Hindu, Musulmani, Buddhisti, Cristiani o meditatori laici – perché il suo interno rotondo è spoglio: non ci sono immagini religiose di nessun tipo. Il Sadhnayala è a due passi dalla nostra guest house così mi fermo per meditare da solo, e già prima del mio arrivo alle 6.30 di mattina Shanta e le signore del girls hostel hanno finito di pulire e poi abbellire il centro dell’edificio con dei fiori freschi. Dopo una mezzoretta cammino verso Ravi Nivas (la casa di Ravi) e se sono fortunato e Clementia sta ancora bevendo il chai nel girls hostel con Chanda e Shanta, allora vengo chiamato a prendere una tazza assieme a loro. E’ proprio un bel momento quello di essere seduto per terra a bere questo bollente, speziato tè e latte, il freddo umido chiuso fuori e dentro il caldo suono delle storie e le risate delle signore. Non capisco nulla, ma non importa, è bello lo stesso.

Questa settimana Ravi Nivas è piena: ci sono 5 mamme con i loro figli (più due papà) per il mother training. Questo avviene per tre settimane al mese quando vengono accolte le mamme (ma a volte, appunto, arrivano anche i papà) di bambini con paralisi cerebrale. In questa settimana le mamme dormono e mangiano – tutto gratis – presso questa struttura qui a Kiran e vengono aiutate da specialisti a interagire con i loro figli, a stimolarli e a riconoscere i micro-miglioramenti che potrebbero svilupparsi. Mi meraviglio allo spirito di adattamento di queste famiglie che spesso arrivano da molto lontano, e la mattina presto li trovo presi a lavare e vestire i loro bambini con grosse difficoltà motorie in un ambiente – se pur molto dignitoso – che richiede molta pazienza: le camere hanno un letto solo, e i servizi come il bagno e la cucina devono essere condivisi. Rimango colpito anche da come Clementia e altri membri dello staff riescono a reggere con generosità il grande lavoro in più. La tolleranza, pazienza e tranquillità in situazioni come queste è proprio una delle caratteristiche più notevoli degli indiani.

Quando torno alla nostra guest house è ora di preparare per il risveglio dei miei dormiglioni. Vedo che a quasi tutti i volontari occidentali piace stare a letto il più possibile, mentre gli indiani si svegliano prestissimo – anche alle quattro di mattina! Questo l’avevo scoperto durante le ore di inglese quando ho fatto la solita lezione elementare sulla routine quotidiana: molti studenti della scuola superiore, ma pure alcuni bambini, si alzano alle quattro per studiare.  Anche quelli che vivono qui nel centro a due passi dalla scuola sono già vestiti e stanno ripassando i loro libri quando vado a preparare Ravi. Comunque i miei li lascio dormire – non mi lamento di avere un’oretta di santa pace prima che si sveglino. In quell’ora faccio bollire il latte che arriva ogni mattina dalla signora Elizabeth che oltre a lavorare a Kiran ha una piccola fattoria con delle mucche e porta il latte caldo appena munto alle famiglie che abitano nel centro, faccio poi anch’io il chai e con il latte che rimane mi faccio lo yoghurt per il giorno dopo – un rimedio miracoloso contro i disturbi intestinali che l’acqua o il cibo o qualche virus può provocare. In quell’ora arrivano anche gli scuolabus pieni di bambini che vengono dalla città di Varanasi e dai villaggi circostanti. Sento le grida allegre dei bambini che corrono verso le porte spalancate della scuola per depositare le loro cartelle e che poi giocano prima di aggregarsi nell’assembly hall per la preghiera mattutina. I miei a questo punto incominciano ad aprire gli occhi… ma sono veloci a prepararsi: la colazione è pronta e non devono pensare a come vestirsi: hanno la divisa – una fortuna! Vanno velocemente a prendere Ravi perché Petra deve accompagnarlo all’assembly hall e poi resta con lui a fare una lunga passeggiata fino a quando ha l’appuntamento con i fisioterapisti.

L’assemblea che si fa ogni mattina è uno dei momenti più belli della giornata. Sul palco un po’ rialzato si trova un gruppo di bambini di una classe che condurranno la preghiera. Con loro ci sono i musicisti: Saurabh, che suona l’harmonium, e S. che suona la tabla. Gli altri bambini sono tutti seduti per terra in fila raggruppati per classe con i loro insegnanti. Di lunedì c’è anche tutto lo staff – 130 persone – di Kiran che partecipa. I bambini in sedia a rotelle stanno invece ai lati del palco. Nonostante l’ordine e la disciplina regna sempre un’atmosfera serena e rilassata. L’ordine è rispettoso e non opprimente. Alle nove in punto inizia il suono dell’harmonium, la tabla e il canto dei bambini; non hanno in mano libretti con le note o le parole – cantano tutto a memoria – e hanno un bel repertorio perché le canzoni cambiano tutti giorni. Poi c’è il pensiero del giorno che di lunedì viene commentato da Sangeeta e negli altri giorni viene semplicemente letto da uno dei bambini sul palco. Il pensiero può provenire da varie fonti: il Bhagavad Gita, il Corano, la Bibbia oppure una citazione da un grande maestro spirituale come Madre Teresa, Ghandi, o Tagore. Queste parole vengono seguite da pochi minuti di silenzio e riflessione personale. E’ impressionante come bambini anche molto piccoli (età dell’asilo) restano in silenzio seduti al loro posto senza disturbare i loro vicini. Credo che in Italia i nostri insegnanti pagherebbero oro per avere un tale comportamento. L’assemblea chiude sempre con la canzone Canto alla Pace che ancora adesso, dopo averlo sentito quasi ogni giorno, mi emoziona: c’è qualcosa nell’innocenza delle voci, nel ritmo della tabla e nella melodia semplicissima dell’harmonium che mi tocca profondamente. Un bellissimo modo di iniziare la giornata.

Ora il lavoro con la scuola: mi ci è voluto tempo per capire quello che serviva agli insegnanti e ai bambini. A parte il fatto che non lavoro con bambini delle primarie da molti anni, ho avuto poca esperienza di casi di special education, che in alcune classi qui possono essere anche quattro o cinque elementi su 15-18 bambini. Non sono solo casi di handicap fisico, ma anche di un limite di apprendimento. Ho trovato che c’è la tendenza di rallentare molto il progresso della classe per favorire questi bambini, però di conseguenza si perdono i più capaci che si annoiano.

Il primo passo per me è stato quello di raccogliere materiale – soprattutto da internet – che poteva stimolare la curiosità e la voglia d’imparare in modo differenziato, cioè qualche esercizio o gioco linguistico in più per chi aveva afferrato  la lezione mentre altri bambini potevano essere aiutati singolarmente. Dopo un periodo di prove e errori ora mi sento di essere riuscito a fare qualche passo in avanti: i bambini sono contenti di vedermi arrivare con qualcosa di diverso da fare, e le maestre vedono i benefici di un approccio che toglie l’attenzione dall’insegnante e punta di più su una certa autonomia dei bambini. Non è semplice, perché ogni paese ha la sua cultura d’insegnamento e qui c’è ancora quella dell’insegnante al centro e i bambini hanno un ruolo piuttosto passivo. Di conseguenza si fa molta fatica a far lavorare i bambini su un’attività per conto proprio. Però su questo punto credo che il lavoro di Petra possa aiutare molto.

Diversamente da quello che speravo, Petra non ha imparato a fare la marmellata! Invece sta proprio lavorando su quello che a lei piace di più e per cui è indubbiamente portata: insegnare lo sport. Lei aveva iniziato a portare i bambini a cavallo, che a loro piaceva moltissimo, però non poteva portarne più di due alla volta e tutti gli altri bambini erano fermi, seduti in classe ad aspettare il loro turno. Così Petra ha organizzato per i bambini che dovevano aspettare dei giochi che, guarda caso, coinvolgevano in qualche modo sempre la palla ovale!

Chi la conosce sa che Petra ha una passione incontenibile per qualsiasi gioco – dai giochetti al computer allo sport competitivo – e questo l’hanno capito tutti qui a Kiran. Così, con la prima occasione di sfruttare questa sua appassionata energia, l’hanno subito ingaggiata a far parte dello Sport Committee per aiutare a organizzare l’International Disability Day, una giornata dedicata al gioco e cultura per bambini diversamente abili che si è tenuto il 3 dicembre. Era il primo anno che il Centro Kiran ha partecipato e Petra si è trovata proprio a suo agio, correndo da un evento all’altro cercando di indirizzare e incitare i ragazzi. Le maestre indiane – tutte tranquille e pacate di natura – si meravigliavano: “Le abbiamo detto di stare calma, ma proprio non si ferma!” mi hanno detto. “Un tornado non si può fermare” ho risposto, “bisogna solo cercare riparo!”.

E così da quel giorno il cavallo è in pensione e Petra sta facendo educazione fisica con i bambini e bisogna proprio vederli e sentirli: la polvere del campo secco riempie l’aria, risate, incitazioni, e urla di vittoria si sentono anche nelle aule. E nessuno è escluso: chi in sedia a rotelle, chi con stampelle, chi con braccia e gambe sane – tutti che giocano insieme – è uno spettacolo! Sono convinto che questo tipo di attività può solo avere degli effetti positivi anche in aula. I bambini hanno bisogno non solo di muoversi e sfogare le loro energie, ma di farlo con ordine, con rispetto per le regole e con responsabilità. Sono certo che coordinando l’educazione del corpo e quella della mente si potrebbe avere bambini meno passivi e più creativi.

La giornata con la scuola finisce alle tre e poi incomincia il lavoro con lo staff e gli studenti dell’istituto per i servizi sociali (HRTC). Anche loro vogliono approfittare della presenza di un madrelingua. Molti dello staff sono insegnanti e dato che ci sarebbe l’intenzione a lungo termine di insegnare tutte le materie in lingua inglese, è importante per loro venire non solo per migliorare la lingua ma anche per vedere un altro approccio all’insegnamento. Altri membri dello staff invece hanno visitatori oppure volontari occidentali e l’inglese è la lingua franca. Le lezioni puntano soprattutto sulla conversazione e per me sono diventate un’opportunità per imparare, apprezzare e discutere le differenze culturali-sociali tra occidente e oriente: il matrimonio combinato, i ruoli della donna e dell’uomo, anche le differenze tra Indian English e l’inglese americano o britannico. Forse il tema che più mi ha colpito era quello su la vita di Anne Frank. Avevo scelto un testo breve e avevo immaginato che lo staff non lo conoscesse, ma non pensavo di dover spiegare parole come “Holocaust”, “concentration camp” o “Auschwitz”. Lo staff sono persone istruite con una buona cultura alle spalle ma sapevano poco o nulla della persecuzione degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Quanto dista l’occidente dall’oriente! Un fatto storico che ha lasciato un segno profondo e indelebile nella coscienza collettiva occidentale non è altro che qualche riga in un libro di testo scolastico per l’oriente. E lo stesso vale senza dubbio al contrario: noi abbiamo solo una conoscenza molto superficiale di eventi importantissimi per l’India. Eventi che formano la coscienza delle persone, eventi che ancora oggi uniscono oppure dividono il paese.

A proposito della scelta di questo tema, magari pensate che avrei potuto scegliere uno un po’ più allegro. In verità l’avevo scelto in risposta ad una questione che è stata discussa durante un incontro generale con tutto lo staff. Sangeeta aveva proposto di cambiare un gesto che viene usato dai bambini ogni mattina durante l’assemblea: quando recitano il giuramento alla nazione (pledge of allegiance) alzano il braccio destro dritto e rigido  con la mano aperta – un gesto che a molti occidentali che visitano Kiran ricorda il gesto fascista. Si è accesa una discussione vivace e infine è stato deciso che tutto resta com’è, perché questo gesto antichissimo indiano non ha nulla a che fare con il fanatismo. Invece da secoli quando uno vuol giurare la verità di ciò che dice mette la mano sopra la fiamma sacra con il braccio esteso dritto. Con questa spiegazione si è cancellata qualsiasi associazione con il fascismo europeo.

Infine, dopo le lezioni con lo staff e gli studenti, la giornata chiude come è iniziata: con Ravi. Petra va a prenderlo verso le cinque e lui resta con noi fino a cena. E’ una buona occasione per una passeggiata verso il Gange, o verso i villaggi più vicini, oppure per restare al centro e farlo divertire sul grande tappeto elastico (trampoline). Ecco la nostra vita quotidiana a Kiran. E’ stato un blog post assai lungo – perdonatemi – ma credetemi, ci sarebbero ancora molte cose da raccontare – ma per queste aspetteremo di vederci in persona. E non ci sarà poi molto da aspettare… il tempo sta volando!

Date un’occhiata tra un paio di giorni quando avremo aggiunto delle foto.

Paul

7 comments:

  1. Paul mi fai morire quando descrivi Petra! Ragazzi qua sta nevicando e fa un freddo cane. Stanotte -5°
    Non vediamo l'ora di vedervi. Vi abbracciamo. I Tonetto

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  2. Dal tuo racconto Paul pieno di emozioni ,se chiudiamo gli occhi si può benissimo immaginarvi.Siamo contenti che vada tutto bene.
    Ciao Leo,Alex e Chicca siamo Ale e Fili non vediamo l'ora che torniate a casa,cosi possiamo divertirci insieme.
    Ci uniamo anche noi al loro pensiero.
    Un grande abbraccio a tutti.Famiglia Bolzon

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  3. DOPO QUESTI COMMENTI COSA POTREI AGGIUNGERE?LE COSE PIU' BELLE LE HANNO SCRITTE LE MIE CARE AMICHE, ALLORA NOI NON CI RESTA CHE CONDIVIDERE E ABBRACCIARVI,IN ATTESA DEL VOSTRO ARRIVO VI AUGURIAMO UN NATALE SERENO,FAMILIARE E RICCO DI EMOZIONI. FAM.FABRIN

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  4. Anche noi vi inviamo i nostri più cari auguri di Buon Natale! Ciao Tonino, Michela, Riccardo e Francesco

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  5. Intanto vi auguriamo un bellissimo 2011!
    Grazie Paul per quello che risci a trasmetterci quando scrivi. Per 15 minuti mi sono persa in un'altro mondo. Un forte abbraccio a Petra, anch'io la immagino come un tornado, fantastica!
    Un grosso bacio a Leo, Alex e Federica e naturalmente anche a te Paul.
    A presto.Mariella Mirco Mattia Manuele

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  6. In questo periodo ho letto più volte il blog...per seguirvi anche da lontano e per sentirvi vicini.Nella speranza di vedrvi presto,un saluto Alberto.

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