Passage to India!
Lo, soul! seest thou not God’s purpose from the first?
The earth to be spann’d, connected by network,
The races, neighbors, to marry and be given in marriage,
The oceans to be cross’d, the distant brought near,
The lands to be welded together.

Walt Whitman (1819-1892)

Friday 10 September 2010

A night in Delhi

L’albergo dove siamo stati la prima notte, l’Anoop Hotel, in centro a Delhi è la destinazione dei giovani con lo zaino sulle spalle. E’ un albergo estremamente economico, e così sapevamo di non trovare un palazzo del Maharaja. La famiglia Ischi dalla Svizzera c’era stata l’anno scorso e anche Sangeeta si ferma sempre lì quando deve solo aspettare una notte per prendere l’aereo per Varanasi. Abbiamo scambiato anche diverse email con il gestore dell’albergo prima della prenotazione e sembrava tutto sommato abbastanza ben organizzato. Quello che non sapevamo è cosa significa la preparazione di un grande evento internazionale come i Commonwealth Games in una città come Delhi.


Alle due di notte all’aeroporto ci aspettavano due taxi e il tassista ci ha subito separati: uno per Petra e i figli e l’altro per me e i bagagli. Loro sono partiti subito con un taxi che era parcheggiato fuori, mentre io ho dovuto seguire il secondo tassista e spingere il carrello pieno di bagagli verso il garage sotterraneo dove era parcheggiato l’altro taxi – a questo punto c’era un distacco di almeno quindici minuti tra me e il resto della famiglia. Devo confessare che anche se cercavo di mantenere l’apparenza del viaggiatore esperto e rilassato non era una situazione che mi lasciava molto tranquillo.

Nonostante un “Hinglish” spesso difficile da capire, la conversazione con il tassista era piacevole; abbiamo parlato del suo lavoro, della sua famiglia, e del traffico a Delhi. Ho visto come il clacson è uno strumento essenziale per un autista indiano; prima di comprare una macchina qui bisogna testare bene il clacson per assicurarsi che sia potente e affidabile. Addirittura sui camion è scritto “Horn Please” (suonate il clacson per favore) così gli autisti sanno che sta arrivando qualcuno. Al suono dei clacson manca quell’aggressività e rabbia che spesso accompagna  il clacson in Italia; invece viene usato costantemente solo per dire “ehi, svegliati, ci sono”. Tuttavia è una cosa a cui farò fatica ad abituarmi.

Man mano che ci avvicinavamo al centro di Delhi si cominciava a vedere molte persone dormire per strada; i più fortunati piegati in due sul sedile del proprio rickshaw, gli altri sui marciapiedi. E accanto a chi dormiva ce n’erano altrettanti che faticavano a lavorare sulle strade. Non dovete pensare a società edili ben organizzate: sembrava invece che chiunque sapesse usare martello e scalpello o badile, e avesse un qualsiasi mezzo per trasportare un po’ di ghiaia, mattoni o portare via le macerie era lì sui lati o in mezzo alla strada alle due di notte a Delhi, naturalmente senza  giubbini fluorescenti di sicurezza – e  dunque un altro buon motivo per suonare il clacson!

A un certo punto siamo arrivati a circa duecento metri dall’albergo e senza esagerazione sembrava una scena dalle strade di Kabul o Baghdad.  Le facciate degli edifici su entrambi i lati della strada non c’erano più e tutti i detriti erano per terra. Una strada già stretta era ridotta ad una mezza corsia; c’erano anche rickshaw, piccoli mezzi dei lavoratori, cani randagi, reception e uffici degli edifici fuori all’aperto, un palo dell’elettricità che era un immenso groviglio di cavi e fili, e infine un camion grande in mezzo alla strada che alcuni “operai” stavano caricando con le macerie per strada. Dunque eravamo bloccati. Il tassista spegne il motore e va a vedere quanto dovevamo aspettare.  Il caldo e la polvere, che prima venivano spazzati via dalle finestre aperte del taxi in movimento – ora producevano un flusso di sudore sulla fronte e la sensazione di fastidio nei polmoni. Una jeep viene parcheggiata, le luci si spengono ma nessuno scende. Comincio a vedere qualsiasi movimento con sospetto – il turista europeo, perso e pieno di soldi – un bel bersaglio! Si avvicina un uomo che stava girando da un po’ – che cosa vuole questo? “Da dove vieni?”, mi chiede. “Hai bisogno di un albergo? Il mio è pulito, costa poco e ha ancora i quattro muri. Quanto devi pagare per il tuo? Ti faccio pagare meno.”  Arriva il tassista e intuisco che gli dice di lasciarmi stare e che la mia famiglia e già in albergo da mezz’ora. Venti minuti interminabili e finalmente il camion si sposta un po’. Il tassista fa una manovra impossibile tra mezzi, macerie, rickshaw, cani, lavoratori con badili e lavoratori che dormono, e finalmente arriviamo all’albergo.

Paul
(01-09-2010)

Per vedere l’Anoop Hotel e la strada Main Bazar di Delhi con la luce del giorno, date un’occhiata alla photogallery (link a destra).

1 comment:

  1. So you finally did make it. Congratulations! I was really wondering if you were going to be able to get through all that red tape. So far it looks like you are having a very special experience. These memories will remain with you forever. I hope that when you get back you will want to actually stay after such an experience.
    Good luck to you all. I look forward to reading more! Anna

    ReplyDelete