L’albergo dove siamo stati la prima notte, l’Anoop Hotel, in centro a Delhi è la destinazione dei giovani con lo zaino sulle spalle. E’ un albergo estremamente economico, e così sapevamo di non trovare un palazzo del Maharaja. La famiglia Ischi dalla Svizzera c’era stata l’anno scorso e anche Sangeeta si ferma sempre lì quando deve solo aspettare una notte per prendere l’aereo per Varanasi. Abbiamo scambiato anche diverse email con il gestore dell’albergo prima della prenotazione e sembrava tutto sommato abbastanza ben organizzato. Quello che non sapevamo è cosa significa la preparazione di un grande evento internazionale come i Commonwealth Games in una città come Delhi.
Alle due di notte all’aeroporto ci aspettavano due taxi e il tassista ci ha subito separati: uno per Petra e i figli e l’altro per me e i bagagli. Loro sono partiti subito con un taxi che era parcheggiato fuori, mentre io ho dovuto seguire il secondo tassista e spingere il carrello pieno di bagagli verso il garage sotterraneo dove era parcheggiato l’altro taxi – a questo punto c’era un distacco di almeno quindici minuti tra me e il resto della famiglia. Devo confessare che anche se cercavo di mantenere l’apparenza del viaggiatore esperto e rilassato non era una situazione che mi lasciava molto tranquillo.
Nonostante un “Hinglish” spesso difficile da capire, la conversazione con il tassista era piacevole; abbiamo parlato del suo lavoro, della sua famiglia, e del traffico a Delhi. Ho visto come il clacson è uno strumento essenziale per un autista indiano; prima di comprare una macchina qui bisogna testare bene il clacson per assicurarsi che sia potente e affidabile. Addirittura sui camion è scritto “Horn Please” (suonate il clacson per favore) così gli autisti sanno che sta arrivando qualcuno. Al suono dei clacson manca quell’aggressività e rabbia che spesso accompagna il clacson in Italia; invece viene usato costantemente solo per dire “ehi, svegliati, ci sono”. Tuttavia è una cosa a cui farò fatica ad abituarmi.
Man mano che ci avvicinavamo al centro di Delhi si cominciava a vedere molte persone dormire per strada; i più fortunati piegati in due sul sedile del proprio rickshaw, gli altri sui marciapiedi. E accanto a chi dormiva ce n’erano altrettanti che faticavano a lavorare sulle strade. Non dovete pensare a società edili ben organizzate: sembrava invece che chiunque sapesse usare martello e scalpello o badile, e avesse un qualsiasi mezzo per trasportare un po’ di ghiaia, mattoni o portare via le macerie era lì sui lati o in mezzo alla strada alle due di notte a Delhi, naturalmente senza giubbini fluorescenti di sicurezza – e dunque un altro buon motivo per suonare il clacson!
A un certo punto siamo arrivati a circa duecento metri dall’albergo e senza esagerazione sembrava una scena dalle strade di Kabul o Baghdad. Le facciate degli edifici su entrambi i lati della strada non c’erano più e tutti i detriti erano per terra. Una strada già stretta era ridotta ad una mezza corsia; c’erano anche rickshaw, piccoli mezzi dei lavoratori, cani randagi, reception e uffici degli edifici fuori all’aperto, un palo dell’elettricità che era un immenso groviglio di cavi e fili, e infine un camion grande in mezzo alla strada che alcuni “operai” stavano caricando con le macerie per strada. Dunque eravamo bloccati. Il tassista spegne il motore e va a vedere quanto dovevamo aspettare. Il caldo e la polvere, che prima venivano spazzati via dalle finestre aperte del taxi in movimento – ora producevano un flusso di sudore sulla fronte e la sensazione di fastidio nei polmoni. Una jeep viene parcheggiata, le luci si spengono ma nessuno scende. Comincio a vedere qualsiasi movimento con sospetto – il turista europeo, perso e pieno di soldi – un bel bersaglio! Si avvicina un uomo che stava girando da un po’ – che cosa vuole questo? “Da dove vieni?”, mi chiede. “Hai bisogno di un albergo? Il mio è pulito, costa poco e ha ancora i quattro muri. Quanto devi pagare per il tuo? Ti faccio pagare meno.” Arriva il tassista e intuisco che gli dice di lasciarmi stare e che la mia famiglia e già in albergo da mezz’ora. Venti minuti interminabili e finalmente il camion si sposta un po’. Il tassista fa una manovra impossibile tra mezzi, macerie, rickshaw, cani, lavoratori con badili e lavoratori che dormono, e finalmente arriviamo all’albergo.
Paul
(01-09-2010)
Per vedere l’Anoop Hotel e la strada Main Bazar di Delhi con la luce del giorno, date un’occhiata alla photogallery (link a destra).
So you finally did make it. Congratulations! I was really wondering if you were going to be able to get through all that red tape. So far it looks like you are having a very special experience. These memories will remain with you forever. I hope that when you get back you will want to actually stay after such an experience.
ReplyDeleteGood luck to you all. I look forward to reading more! Anna