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Il villaggio non è tanto lontano da Kiran, sempre sotto il comune di Varanasi, con uno standard di vita molto molto basso. C’è qualche negozio – e per negozio si deve immaginare una scatola due metri per tre con il negoziante seduto per terra davanti all’ingresso con la merce ammucchiata alle spalle – alcune bancarelle sistemate per terra con frutta e verdura, una scuola che sembra una fattoria e tante case fatte di pietra e fango con gli animali attorno e le famiglie che lavorano i campi.
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In poco tempo tutti i posti erano stati presi quasi esclusivamente da donne e bambini. Sono stato accompagnato al mio posto ad una lunga tavola davanti al pubblico e lì vedo per la prima volta il programma con il mio nome, Mr Paul (non usano il cognome qui), preceduto dallo scritto “Very Honorable Special Guest”. L’inglese degli Indiani è molto formale, ma ho incominciato a preoccuparmi che il discorso che avevo preparato non avrebbe meritato un titolo così elevato. In quel momento si alza un signore seduto accanto a me e incomincia a parlare al pubblico. Il discorso è tutto in hindi, dunque non capisco nulla, ma lui alza un bicchiere vuoto, parla e poi versa mezzo bicchiere di acqua, e fa una domanda al pubblico. Tra me e me penso: ecco il proverbiale bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno – niente di nuovo. Però in seguito versa una polvere nell’acqua che diventa di un colore rosso scuro come il sangue e aggiunge ancora acqua riempiendo il bicchiere, e penso: sta parlando forse della sofferenza del popolo? Ma infine svuota il bicchiere in una grande lattina rossa, la chiude con un coperchio e tenendo in alto con la mano sinistra la lattina con dentro l’acqua color di sangue in modo che tutti la possano vedere incomincia a muovere la mano destra come se volesse mandare delle onde di energia e trasformare il contenuto. A questo punto ho dato un'altra occhiata al programma – forse ho sbagliato villaggio. Il signore riapre la lattina, ancora qualche parola al pubblico e poi rovescia la lattina sopra la mia testa e cade una delicata doccia di petali rosa e rossi – l’uomo era un mago!
Ho scoperto che quando ci sono questi incontri nei villaggi fanno tutto il possibile per attirare la gente. Sui muri del cortile puntati fuori verso il villaggio c’erano enormi megafoni che trasmettevano tutto quello che si faceva dentro, così lo show del mago ha fatto arrivare i giovani e i maschi. Più tardi c’erano i nostri musicisti e allievi che hanno cantato e infine c’è stato anche un piccolo gruppo teatrale dal seminario di Varanasi che ha fatto una semplice opera teatrale dedicata ai disabili con musica e canto che si sentiva ovunque e loro hanno completamente riempito il cortile di persone – non c’era più spazio nemmeno in piedi.
Comunque, per fortuna c’erano questi momenti di intrattenimento perché i discorsi erano tanti e molto lunghi e per me incomprensibili – come potete immaginare avevo smesso di cercare di indovinare di che cosa stavano parlando. Quindi alla fine di ogni lungo discorso che mi precedeva io tagliuzzavo un pezzetto del mio. Quando è toccato a me mi sono alzato, con ancora qualche petalo rosso in testa, assieme al traduttore, ognuno con un microfono in mano e in quell’istante i microfoni hanno deciso di non funzionare. Visto che la voce arrivava alle orecchie del pubblico solo a scatti ho cercato di conservare semplicemente il cuore del discorso che riguardava la riflessione che aveva fatto Sangeeta proprio quella settimana: “L’amicizia cresce in quanto si fa qualcosa di bello e difficile insieme.” Un pensiero semplicissimo ma molto profondo. Il lavoro che viene fatto qui è decisamente bello e non è per nulla facile, ma il desiderio di realizzare un grande ideale ha creato legami molto forti sia tra le persone che lavorano da anni a Kiran che molti altri che condividono questo sogno nei villaggi sparsi attorno a Varanasi – ci sono più di 4000 bambini e giovani che entrano nella rete del lavoro di Kiran. Così alla fine le parole sono state poche ma apprezzate e il Very Honorable Special Guest Mr Paul si è seduto con l’applauso cortese dal pubblico e il sorriso del mago.
Alle 3.30 il programma si era concluso dopo quattro ore e mezzo – i nostri bambini erano stanchissimi e non solo loro! – non avevamo ancora mangiato, ma gli organizzatori avevano preparato per ognuno di noi un sacchetto di plastica con il pranzo da mangiare durante il viaggio di ritorno. Nel sacchetto c’erano quattro puri – una sorte di panino arabo – una salsa di verdura speziata di curry e un piccolo dolce. Un gesto molto generoso pensando ai mezzi modesti che avevano, ma purtroppo era impossibile intingere il pane nella salsa di verdura da un sacchetto di plastica viaggiando in un piccolo scuolabus che percorreva strade con più buche che asfalto senza sporcarsi. Così abbiamo mangiato solo il pane e il dolcetto. A metà strada noi cinque abbiamo dovuto scendere dalla scuolabus perché alle 5 di sera stava per iniziare l’altra metà di questa lunga domenica ricchissima di impressioni.
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Anche i discorsi erano decisamente diversi. Il direttore della scuola ha parlato in lingua inglese – non potevo più divertirmi a fare l’indovino. Infatti tutte le materia della scuola vengono insegnate in lingua inglese e devo dire che i ragazzi la parlano molto bene. Il suo discorso era illustrato con vari grafici e statistiche proiettate sugli schermi che indicavano il grande successo degli allievi della scuola, i loro risultati in esami nazionali e il loro accesso alle università più prestigiose dell’India. Il suo linguaggio veniva punteggiato con espressioni come “risultati senza paralleli”, “nati per eccellere”, e “incomparabile successo”. Lo spirito era estremamente competitivo, forte, e sicuro – questa era la “Nuova India” di cui avevo sentito tanto parlare: l’India dell’impressionante boom economico, l’India della nuova classe media, l’India che sfiderà l’egemonia dell’occidente, l’India che aspira a conquistare il 21esimo secolo.
Senza dubbio il livello dello spettacolo era molto alto considerando che erano ragazzi della scuola superiore. Hanno suonato, recitato (facendo due spettacoli teatrali, uno tradizionale in Hindi l’altro contemporaneo in inglese), all’entrata c’era la mostra dei lavori artigianali e disegni, e infine hanno chiuso il programma – di 4 ore e mezzo! – con uno spettacolo sportivo di ogni sport immaginabile tutto sul palcoscenico. Quest’ultimo è stato preceduto dal discorso del responsabile per lo sport – una grande priorità per la scuola – e il professore ha parlato dello sport come una “guerra” – e devo dire che la parola mi ha colpito e scioccato. Fino a quel momento non avevo percepito nulla nel comportamento o il modo di essere degli Indiani che poteva essere in qualsiasi modo legato a quella parola. Il professore naturalmente ha parlato anche del rispetto per le regole e per l’avversario, e che quando c’è questo rispetto non ci sono né vincitori né perdenti. Però la parola “guerra” veniva ripetuta e scritta in grande sugli schermi, e non si può addolcire il veleno con il miele. Lo spettacolo si è concluso con fuochi d’artificio, musica rock tutta occidentale, e sugli schermi immagini degli allievi durante le loro gite scolastiche in pose e atteggiamenti che rispecchiavano immagini televisive e i film che arrivano nelle case indiane dall’America.
Il giorno dopo, lunedì mattina, come tutti i lunedì durante l’assemblea prima di iniziare con le lezioni, Sangetea ha letto la citazione di cui poi ha fatto le sue riflessioni. Era una citazione di Madre Teresa: “Ciò che è importante nella vita non è tanto il successo, ma la fedeltà.” Mentre Sangeeta faceva le sue riflessioni in Hindi per i bambini, io facevo le mie. Gli Indiani giustamente stanno cercando di migliorare la loro sorte, ma nella corsa per arrivarci rischiano seriamente di perdere le loro tradizioni, il loro spirito, la loro lettura dei segni dei tempi. E’ interessante che all’incontro del villaggio ogni speaker ha fatto un piccolo omaggio in memoria alla nascita di Jawaharlal Nehru, lo storico primo ministro dell’India, mentre alla scuola privata non l’hanno nemmeno accennato. E’ possibile che non ci sia modo di arrivare alla prosperità senza percorrere la strada americana ed escludere trequarti della popolazione? Credo che la fedeltà alla parte migliore dell’umanità, ai grandi maestri della vita, ai loro insegnamenti, e ai valori umani che portiamo già nel cuore possa portarci a delle scelte diverse.
Paul
che bel racconto!!!!!!!!
ReplyDeleteche ridere immaginarti lì, coi petali in testa!!!!
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è appena terminata una bellissima trasmissione rai tre di e con Fabio Fazio e Roberto Saviano, 'Vieni via con me', è morto Mario Monicelli, ... molte persone si stanno impegnando ... continuiamo, senza sosta, c'è molto da fare, c'è molto impegno
un po' divertiti per il vostro racconto di un'India semplice e vera dove le persone cercano di migliorarsi, resta rammarico per quest'altra India che cerca la competivita a costo di perdere per strada la propria cultura.
ReplyDeleteGrazie per la tua storia
Giuliana e Loris